lunedì 15 dicembre 2008

Ipovisione cos’è:

La condizione visiva dell’ipovisione è quella di una persona che, seppure non totalmente cieca, ha subito una tale riduzione della funzione visiva da risentirne pesantemente nella vita quotidiana.
Pur conservando una residua acuità visiva, l’ipovedente ha subito un grave ed irreversibile danno funzionale(menomazione), che implica un impedimento(disabilità), a svolgere compiti che richiedono una certa capacità visiva: lettura e scrittura, guida, utilizzo di computer e TV, ecc.
La disabilità provoca un certo grado di disagio sociale (handicap), che può variare molto da individuo a individuo, secondo l’età, le attitudini, il carattere, il tipo di lavoro.
Poiché la funzione visiva è rappresentata in primo luogo dalla acuità visiva e dal campo visivo, vari deficit dell’ipovisione ostacolano e complicano l’attività di orientamento e mobilità.
Per meglio comprendere la difficoltà di un ipovedente è bene ricordare altre importanti funzioni: visione al buio, discernimento dei colori, visione stereoscopica, sensibilità all’abbagliamento.
Anche se un ipovedente è in grado di distinguere le forme, la vicinanza o meno di un oggetto, la luce e l’ombra, tutto ciò non gli permette di riconoscere adeguatamente le informazioni visive: può riconoscere un cartello stradale, ma non riuscire a leggerlo, può non vedere in tempo un ostacolo o restare abbagliato da una luce improvvisa.
La percezione imprecisa e incostante della realtà visiva fa sì che l’ipovedente abbia un rapporto incerto con l’ambiente e che proceda, nelle azioni, per tentativi ed errori.
Il ricorso alla riabilitazione visiva, fatta di esercizi e di ausili ottici che permettono di sfruttare al massimo la potenzialità visiva residua, permette di migliorare notevolmente le condizioni dell’ipovedente nei rapporti sociali, nella scuola, nel lavoro, consentendogli una completa integrazione nel mondo sociale.

Implicazioni psicologiche:
La qualità della visione può essere valutata secondo tre criteri.
Menomazione visiva: perdita parziale o completa di specifiche funzioni visive che si possono misurare tramite test clinici.
Disabilità visiva: menomazione visiva consistente nella perdita, parziale o completa, di normali capacità funzionali correlate con la visione.
Handicap visivo: la disabilità implica per l’individuo l’impedimento nelle attività quotidiane.
Se il grado di disabilità è legato alla particolarità del danno visivo, alle aspettative del paziente e al suo disagio psicologico, il tipo di handicap non corrisponde necessariamente al tipo di disabilità.
Infatti, alcune variabili quali bisogni, retroterra culturali o coinvolgimento sociale e professionale possono incidere notevolmente sulla tipologia dell’handicap.
L’ambiguità della condizione degli ipovedenti, né ciechi né normovedendi, può causare maggiori difficoltà psicologiche rispetto ai ciechi assoluti, poiché essi devono combattere contro pregiudizi che rendono sovente difficile la loro integrazione nel mondo dei normodotati.
Per questo una reale consapevolezza della malattia può facilitare un intervento psicologico di sostegno e permette di ottimizzare il residuo funzionale.

Riabilitazione visiva:
La riabilitazione visiva fa parte della cura dei pazienti ipovedenti che devono imparare a fissare con una zona della retina fisiologicamente non idonea a tale scopo.
Questo fa capire come il processo riabilitativo sia spesso lungo e difficile e richieda la collaborazione di diverse competenze (medico oculista, ortottista, riabilitatore, psicologo, ottico specializzato nella fornitura degli ausili) e implichi numerose sedute riabilitative presso strutture specializzate.
Eseguire costantemente gli esercizi di lettura non migliorerà l’acuità visiva del paziente ipovedente, ma gli consentirà di utilizzare al meglio la visione residua, di imparare a muovere gli occhi, la testa e il testo in modo corretto.
I muscoli degli occhi devono essere allenati: col movimento e la pratica l’ipovedente sarà in grado di ottenere una migliore capacità di interpretare immagini ed espressioni.

Ausili ottici:
Senza l’utilizzo di ausili ottici un ipovedente è impedito in molte attività, ma anche l’ausilio ottico presenta forti limitazioni.
Nella scelta di quello più occorre pensare alle necessità specifiche di ciascun individuo, per poi discuterne con il tecnico e con l’oculista: prima devono essere risolti i problemi riguardanti la visione da vicino, mentre in seguito si potranno analizzare i problemi relativi alla visione da lontano.
Ausili ottici per vicino: L’ipovedente deve compensare il cattivo funzionamento della retina ingrandendo le immagini; a tale scopo esistono diversi tipi di sistemi ipercorrettivi che non consentono di ripristinare l’acuità visiva, bensì di migliorarla soprattutto nello svolgimento delle normali attività quotidiane.
Il sistema più antico è la lente di ingrandimento, che però non consente forti aumenti delle dimensioni delle immagini senza provocare fastidiose distorsioni.
È possibile utilizzare speciali occhiali con lenti convergenti di potere elevato e breve distanza focale, o con combinazioni di lenti (telescopi), simili a teleobiettivi.
Esistono inoltre dispositivi elettronici televisivi (CCTV) che ingrandiscono la scrittura e software ingrandenti che consentono l’uso dei programmi informatici.
Per l’ipovisione periferica alcuni sistemi ottici ampliano il campo visivo.
Ausili ottici per lontano: Un’acuità visiva inferiore ad 1/10 rende molto difficile la visione dei dettagli da lontano.
L’ingrandimento tramite diversi sistemi (occhiali telescopici, telescopi monoculari a campo ristretto) rende l’immagine sulla retina più grande ed aumenta l’acuità visiva.
Utilizzando sistemi ottici per lontano è importante poter raggiungere l’acutezza visiva di 5/10, necessaria per distinguere la maggior parte dei messaggi visivi; quando il visus raggiunto con sistemi telescopici per lontano è inferiore ai 5/10, gli svantaggi dovuti ai sistemi stessi sono maggiori rispetto ai vantaggi

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