martedì 10 giugno 2008

Aspetti esistenziali e relazionali della condizione di ipovedente

Una caratteristica inquietante che gli ipovedenti possono dire di avere in comune è il fatto di vivere situazioni che non si possono condividere con gli altri: è difficile persino parlarne, perchè nè i normodotati, nè i non vedenti, nè, spesso, gli altri ipovedenti (qualora ne conosciamo qualcuno) sembrano capire.
Così succede che non riusciamo a spiegare alle persone che vorrebbero aiutarci, che cosa possono concretamente fare per noi e veniamo considerati o completamente normali (anche perchè molti di noi "si specializzano" nell'arte di sembrarlo), o completamente ciechi, con passaggi bruschi e in modo disorientante.
Anche le nostre biografie sono diversissime:
chi è stato educato nei collegi per non vedenti e chi è invece sempre stato mescolato e "confuso" con i normodotati, scontrandosi con inadeguatezze di cui era spesso difficile comprendere la ragione.
A queste diverse biografie, corrispondono anche differenti "modalità di simbolizzazione" dell'esperienza di essere ipovedenti e crediamo che poterne parlare sarebbe davvero significativo.
Altro capitolo molto interessante da aprire è il complesso e ricco repertorio di "strategie di sopravvivenza", applicate ai più diversi ambiti della vita quotidiana, che ognuno di noi ha certamente elaborato, e che forse si prestano ad essere insegnate e imparate. In ogni caso, si tratta di aspetti dell'esperienza umana e dell'"arte di vivere" (crediamo sia lecito usare parole tanto impegnative...) di cui non si sa niente, a meno che noi non cominciamo a parlarne.

Difficoltà e strategie per fare fronte alle situazioni problematiche non si riferiscono soltanto alla mobilità e ai compiti tecnico-pratici, ma anche alle relazioni sociali, dal momento che siamo esclusi da quel complesso e articolatissimo sistema di segni che è la comunicazione non verbale (sguardi, riconoscimento di fisionomie e di espressioni del volto, cenni, saluti etc.), ma, a differenza di quanto avviene per i ciechi, gli altri non lo sanno, si aspettano da noi una modalità comunicativa normale, che noi possiamo avere soltanto a sprazzi e in relazione a situazioni accidentali e non prevedibili (esempio tipico: le condizzioni di luce); i malintesi che derivano da una tale condizione sono sgradevoli e anche stancanti, dal momento che non si riesce neppure a pensare a come si potrebbero evitare... e gli ausilii tecnici e tecnologici, per quanto importantissimi e preziosi, hanno i loro limiti....
Crediamo che se si riuscisse a parlare di questi problemi, un primo guadagno indiscutibile e sicuro sarebbe l'aumento di consapevolezza.
Per sapere se altri guadagni possono esserci, è indispensabile provare...

Fonte

sabato 7 giugno 2008

PFM impressioni di settembre



Franco Mussida - "Impressioni di settembre" è un brano a cui sono fortemente legato.
E’ uno di quei brani che sono usciti di getto, come un dono del cielo che arriva inaspettato, e al momento giusto. Un momento di ispirazione vissuto sul divano dei miei genitori, con lo sguardo sognante, le dita che trovavano da sole gli accordi che servivano ad accompagnare una melodia che esce di getto, un canto il cui sviluppo cercava di portarmi verso un culmine, una sorta di immagine di apoteosi, di supremo appagamento, di sfogo benefico e positivo che è sfociato nell’inciso musicale.
Impressioni di settembre nacque così, e così rimase con la sola aggiunta a posteriori di un momento gridato sulla seconda parte, sollecitato dalle necessità del testo di Mogol (Ndr nome d'arte di Giulio Rapetti).

Franz Di Cioccio - "Impressioni di Settembre" venne composto sulla base di una intuizione fantastica di Franco: era la prima canzone che non aveva il classico ritornello. Mi correggo: il ritornello c'era, ma era suonato, non cantato. Quell'inciso era talmente bello che ci sembrava di non avere a disposizione lo strumento adatto per farlo. Provammo con il flauto, ma non aveva la forza evocativa, lo facemmo con la chitarra, ma era troppo normale. Mancava lo strumento... ma questo strumento esisteva. Lo avevamo sentito in un disco di Emerson Like & Palmer che si chiamava "Luky man". Era uno strumento dalle sonorità nuove, simili a quelle delle tastiere e dei fiati. Sapeva di terra, di cielo, di mare e di tutte queste cose insieme. Ci informammo e venimmo a sapere che lo importava la ditta Monzino. Si chiamava Moog, dal nome del suo inventore ed era composto da tre oscillatori che creavano delle onde da mescolare insieme. Potevi giocare con delle manopole e creare il tuo suono. Potevi farlo più acuto, più morbido, come volevi: poteva sembrare una sega, un clarino, un ottavino... poteva sembrare tante cose ma era comunque sfacciatamente sintetico e tremendamente bello e affascinante, perché ti scuoteva. Era la prima volta che si sentiva un suono sintetico e ci entusiasmò.
Come nelle migliori fiabe, arrivò un colpo di fortuna. Incontrammo il Signor Monzino quasi per caso, alla "Mostra dello strumento" del 1971. Aveva con se un prototipo di Moog, il secondo, perché fino a quel momento lo possedeva solo Keith Emerson, che lo aveva ricevuto dal signor Moog in persona. Al solo pensarci sospiravamo di sconforto: giocavamo ad armi veramente impari. Così guardavamo estasiati il Moog dei nostri sogni - un modello portatile - convinti che fosse proprio quello che ci serviva. "Quanto costa?" chiedo a Monzino. Costava uno sfracello e mezzo. E noi uno sfracello e mezzo non ce l'avevamo. Ancora una volta riappare l'abruzzese che c'è in me e dico a Monzino: "Guarda, io penso che questo strumento potrebbe veramente dare una svolta alla musica italiana. Dallo a noi e ne venderai almeno dieci". Non so come, ma Monzino ci diede il moog. Con il suo suono incidemmo Impressioni di Settembre. Uscì il disco e fu un botto pazzesco. Era un suono nuovo, una novità per i sensi, una nuova creazione di immagini e suggestioni. Ci diede una marcia in più (oggi si direbbe un vantaggio competitivo) e ci fece conoscere come un gruppo originale, innovativo. Un vero gruppo di pop music (Ndr nuovo rock o musica pop com'era allora chiamata in Italia con un'accezione completamente diversa da quella attuale ). Il primo in Italia. Fu da questo successo che nacque l'idea di fare il primo LP. Quanti Moog vendette Monzino? Molti più di dieci!

Premiata Forneria Marconi
Mogol - Pagani - Mussida (1971)
Quante gocce di rugiada intorno a me
cerco il sole, ma non c'è.
Dorme ancora la campagna, forse no,
è sveglia, mi guarda, non so.
Già l'odor di terra, odor di grano
sale adagio verso me,
e la vita nel mio petto batte piano,
respiro la nebbia, penso a te.
Quanto verde tutto intorno, e ancor più in là
sembra quasi un mare d'erba,
e leggero il mio pensiero vola e va
ho quasi paura che si perda...
Un cavallo tende il collo verso il prato
resta fermo come me.
Faccio un passo, lui mi vede, è già fuggito
respiro la nebbia, penso a te.
No, cosa sono adesso non lo so,
sono un uomo, un uomo in cerca di se stesso.
No, cosa sono adesso non lo so,
sono solo, solo il suono del mio passo.
e intanto il sole tra la nebbia filtra già
il giorno come sempre sarà.

mercoledì 4 giugno 2008

L'esilio

Quante frontiere dobbiamo attraversare, frontiere interiori ed esteriori, per arrivare a casa nostra?



Musiche di Eleni Karaindrou

martedì 3 giugno 2008

Formati documenti digitali

Riporto sotto l'interessante articolo di Lorenzo De Carli su Azione, aggiungo un complemnto di informazione. Chi non vuole aspettare i comodi di Microsoft può affidarsi a Sun. La società californiana ha reso disponibile ODF Plugin 1.2 per Microsoft Office, ovvero un piccolo converter capace di gestire i file ODF (StarOffice & OpenOffice). La compatibilità è certificata per tutte le release di Microsoft Office distribuite tra il 2000 e il 2007 (SP1). Con il plugin è possibile aprire, modificare e salvare testi, fogli di calcolo e presentazioni. Il tutto nel rispetto delle specifiche ISO/IEC.

Lorenzo De Carli
Le guerre dei formati e le tentazioni dell’online

Quando, all’inizio di quest’an­no, la Commissione Europea av­viò una nuova indagine anti­trust su Microsoft, una delle questioni che essa voleva accer­tare era il sufficiente grado di interoperabilità del nuovo for­mato di Office, definito Office Open XML (OOXML). Siccome Microsoft Office è un’applica­zione molto diffusa nei compu­ter delle aziende, in quelli della pubblica amministrazione e nei computer dei normali cittadini, la Commissione ritiene indi­spensabile che i documenti pro­dotti con Microsoft Office siano regi­strati in uno stan­dard aperto, omo­logato da un ente di certificazione internazionale co­me l’ISO, e leggibi­li anche da appli­cazioni non neces­sariamente svilup­pate da Microsoft.
Quale rilevanza la questione degli standard abbia è comprensibile ap­pieno prestando attenzione al caso della pubblica am­ministrazione. Sia che si tratti di do­cumenti di carat­tere pubblico, sia che si tratti di do­cumenti confidenziali, è facil­mente intuibile che essi dovreb­bero avere due caratteristiche imprescindibili: che possano es­sere letti in futuro, indipenden­temente sia dall’applicazione usata per redigerli sia dal siste­ma operativo, e che il loro for­mato non solo sia aperto nel senso che il codice non richieda «chiavi» di lettura note solo agli sviluppatori del software, ma sia aperto anche nel senso che per aprire, modificare, e ripro­durre quei documenti non oc­corra pagare delle licenze. Bi­sogna, cioè, salvaguardare la possibilità che ognuno dei futu­ri amministratori della cosa pubblica possa avere accesso ai documenti del passato, e che ogni cittadino autorizzato a far­lo possa avere la facoltà di ac­cedere a documenti pubblici senza pagare licenze a privati.
Riflettendo sul caso della pub­blica amministrazione, si com­prende bene sia la rilevanza del cosiddetto «Open Source», vale a dire di quella parte crescente dell’opinione pubblica che inco­raggia lo sviluppo e la diffusione di software conoscibile in tutte le sue parti e utilizzabi­le senza pagare licenze, sia la preoccupazione della Commissione Eu­ropea, la quale fa pres­sioni su Microsoft affin­ché il suo pacchetto Of­fice sia in grado di leg­gere e produrre docu­menti in uno standard aperto.
Per far fronte a que­ste crescenti pressioni, dieci giorni or sono, Microsoft ha annuncia­to che nella prima me­tà del 2009 essa pro­durrà un secondo ser­vice pack (SP2) per Of­fice 2007, grazie al quale lo standard OpenDocument (ODF) diverrà uno dei forma­ti nativi della suite per l’ufficio più diffusa al mondo, che potrà anche leggere documenti di for­mato PDF. I primi commenti so­no stati di scetticismo. La Com­missione ha detto di «aver pre­so nota» dell’annuncio.
Il futuro che molto auspicano è un futuro in cui ognuno sarà libero di usare l’applicazione per scrivere ciò che desidera, vincolando la leggibilità dei do­cumenti a uno standard. Nel frattempo, però, il Web 2.0 ha già portato direttamente on-li­ne pacchetti simili a Office, e si­ti/ applicazioni come Zoho in­ducono a chiedersi se il web non farà cambiare prospettiva, sostituendo la rete al computer.

Fonte CYBERBORGO Lorenzo De Carli